Gli imprenditori e la sfida al cambiamento

La serie di sondaggi di oggi riguardano argomenti come quelli del fare impresa, e contengono a mio avviso alcune indicazioni discretamente interessanti, soprattutto per sviluppare azioni tese a sostenere la nostra rete di piccole e medie imprese. Particolare importante, gli interpellati sono tutti imprenditori.

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Come primo aspetto per favorire i processi di innovazione viene indicata una soluzione vecchia ma considerata sempre buona: col 31% si dice che è utile imitare processi e/o prodotti di altri. Subito dietro, col 30% si batte sulla necessità di investimenti e finanziamenti, uno di quegli argomenti su cui anche tanti politici insistono, soprattutto riguardo l’uso corretto di eventuali fondi europei. Da notare, per inverso, come fiere, convegni e collaborazioni con le istituzioni siano in basso nella classifica, considerati non poi così importanti. Un chiaro segno dei tempi: una volta fiere e convegni rivestivano un ruolo primario nel farsi conoscere al mondo, oggi con tutti gli strumenti digitali a disposizione non lo rivestono più.

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E per diffondere queste innovazioni il primo punto indicato è il potenziamento della banda larga. Secondo rilevazioni europee siamo ancora indietro rispetto a molti altri Paesi nostri omologhi, cosa che si trasforma in un handicap a volte molto pesante. Anche le altre voci indicate riguardano questioni digitali, come corsi di formazione sulle potenzialità della rete, piuttosto che il favorire la nascita di incubatori di idee online, e anche offline. Nota interessante il voler promuovere i software open source, cosa che potrebbe rappresentare un doppio stimolo di investimento e di crescita, sia dal punto di vista dello sviluppo che da quello dell’utilizzo.
E proprio di stimolo tratta l’ultima domanda:

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Ciò che secondo gli imprenditori servirebbe per stimolare i processi di cambiamento è, prima di tutto, la voglia di fare, seguita da altre due cose molto importanti: la fiducia in se stessi e le competenze. Soprattutto quest’ultime possono essere un punto di forza importante per dare una svolta a un cambiamento che stenta a prendere il via. Curioso comunque come la prima voce riguardi più un mood, un comportamento da tenere più che un dettaglio, diciamo tecnico, come il migliorare la conoscenza. Forse è segno del fatto che si sente proprio la mancanza di quell’ottimismo, di quella speranza necessaria per poter guardare con fiducia al futuro. Chi fa impresa chiede di poter credere nel futuro, e per credere nel futuro serve dare loro un orizzonte certo.

Gli imprenditori vogliono quindi più digitale, vogliono imparare a usarlo bene, vogliono che ci siano investimenti e che si copino le cosiddette best practice straniere, sperando che si adattino con profitto alla realtà italiana. La palla resta quindi fra i piedi del governo, che già pare sulla strada del dare risposte concrete e dell’implementare idee innovative per venire incontro a queste esigenze, soprattutto nel campo digitale. Su questo particolare importanza a mio modo di vedere potrà rivestire l’Agenda Digitale, oggi affidata a Marianna Madia: la speranza è che, finalmente, si dia inizio a un piano organico e sensato, anche se i continui cambiamenti di indirizzo di questi anni non fanno ben sperare.



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