L’Alfa Romeo V1035, il primo V10 da competizione

Alfa Romeo V1035

Alfa Romeo V1035

Ci son storie che andrebbero raccontate, e ricordate. Storie di sfide, passioni, velocità, di limiti spostati un po’ più in alto con l’ardore di chi vuole dimostrarsi ancora protagonista. Sono storie di automobili create per stupire, per dimostrare di essere in grado di lasciare ancora il segno nel mondo del motorsport ma, come spesso accade, finite poi in un angolo e dimenticate dalla gran parte delle persone. È il caso di questo motore, il V1035, il primo V10 creato espressamente per la Formula Uno.

Tutto prese il via nella seconda metà degli anni ottanta. Fu creato nel 1987 dall’ingegnere Pino D’Agostino, un motore aspirato da 3.500 cc di cilindrata, esattamente quello richiesto dai regolamenti di Formula Uno. In più, era in assoluto il primo V10 realizzato, un frazionamento che diversi anni dopo diverrà la scelta migliore e vincente per tutte le scuderie. Quel motore doveva andare ad equipaggiare le Ligier che già utilizzavano i motori Alfa Romeo ma, con il passaggio della Casa di Arese alla Fiat nel 1986, il contratto di fornitura fu stracciato e il progetto di questo nuovo motore accantonato per lasciare spazio al V12 Ferrari, già impiegato nel Campionato F1. Come utilizzare questo innovativo V10? Alfa Romeo realizzò allora una vettura per il nascente Campionato Production Car, un campionato dove avrebbero dovuto correre auto che ricordavano modelli da strada ma con tecnologia da Formula Uno.

  
Nasceva la 164 ProCar. Motore Alfa Romeo, telaio creato dalla Brabham, fu però l’unica vettura realizzata per questa serie dato che tutte le altre Case snobbarono questa competizione: il rischio era un campionato con costi altissimi come quello di Formula Uno ma senza il corrispettivo ritorno d’immagine. Anche questo fu un progetto nato morto, un progetto che l’Alfa Romeo si vedeva stoppato da altri. La 164 ProCar scese una sola volta in pista, per un giro di presentazione durante il Gran Premio d’Italia nel settembre del 1988, ma non partecipò mai a nessuna competizione dato che il Campionato Production Car era già stato annullato. La caparbietà e la testardaggine degli ingegneri Alfa Romeo non si fece però piegare da queste battute d’arresto, e allora il reparto Alfa Corse recuperò questi due progetti abortiti e li utilizzò come base per lo studio di un’autovettura Gruppo C da far gareggiare nel Campionato Mondiale Sportprototipi.

  
L’Alfa Romeo voleva tornare nel Mondiale Sportprototipi. L’ultima Alfa che corse in quella categoria era la 33 SC 12: fu prodotta nel biennio 1976/1977, e proprio nel 1977 conquistò il Campionato Mondiale Sportprototipi con alla guida Arturo Merzario, Jean-Pierre Jarier e Vittorio Brambilla. Ora si trattava di creare una nuova vettura per tornare in grande stile in questo campionato. Il progetto fu affidato all’ingegner Ignazio Lunetta che a Torino coma dava un team di ingegneri misto: una parte erano dell’Alfa Romeo, una parte erano dell’Abarth. I primi si preoccuparono di sviluppare ulteriormente il motore V10, i secondi si preoccuparono di creare il telaio e la trasmissione. Il motore, tra l’altro, era già stato sperimentato su una Lancia LC2, una sport prototipo che corse il campionato nel 1984 con un motore V8 Ferrari, dando risultati interessanti. Nasceva la Abarth SE048, conosciuta anche come Alfa Romeo SE048. Sembrava davvero la volta buona, ma arrivò poi un nuovo ordine dalla Fiat: in nome delle sinergie aziendali si impose l’utilizzo di un motore V12, esattamente quello che utilizzava la Ferrari in Formula Uno. Ufficiosamente si disse anche che Fiat temeva una scarsa affidabilità del motore Alfa Romeo, che era stato progettato per fare sprint come quelle di Formula Uno o del Campionato Production Car, non certo per gare endurance come quelle del Campionato Sportprototipi.

Era la fine: i tecnici Alfa Romeo accettarono a malincuore e utilizzarono il V12 Ferrari. I risultati furono anche discreti, ma nel settembre del 1990 il progetto fu definitivamente stoppato. Il Campionato Sportprototipi aveva ormai costi esorbitanti, creare una vettura realmente competitiva richiedeva impegni uguali a quelli di una scuderia di punta della Formula Uno, e Fiat non poteva permetterselo. Del resto anche quel campionato stava continuamente calando di popolarità, tanto che il mondiale sportprototipi fu definitivamente abrogato alla fine del 1992. La Gruppo C creata da Alfa Romeo e Abarth restò soltanto una specie di cavia da laboratorio, un ardito esercizio di stile e di tecnica che non poté mai dimostrare appieno le proprie potenzialità. Oggi il V1035, la 164 ProCar e la SE048 sono esposti al Museo Storico Alfa Romeo, simboli indissolubili dell’unione fra tecnica, tecnologia, cuore e passione.



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