Se in Vaticano ci son due Papi…

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Dal titolo di apertura uno potrebbe essere spinto a pensare che io voglia parlare della Chiesa Cattolica, e invece no. Anche guardando l’immagine si capisce facilmente che non si parla di Chiesa. La frase è una battuta, detta alla Festa del Pd a Bosco Albergati, da Pierluigi Bersani: proprio lui, proprio il mitico segretario del “non abbiamo perso, abbiamo non vinto”. Roba da cure psichiatriche immediate.

E pensare che a me, Bersani, piaceva anche. Lo ricordo nella sua battaglia sulle liberalizzazioni, le cosiddette “lenzuolate”, dove si prefiggeva di abbattere certi potentati e di far risparmiare soldi ai cittadini. Un’idea partita fra tanto entusiasmo e alte aspettative, ma che a distanza di anni mostra tutta la fragilità e la pochezza che riuscì ad ottenere. Perché, è sempre bene ricordarlo, si possono liberalizzare certi settori, il problema è che poi vanno istituiti dei controlli seri affinché chi opera in questi settori non vada a ricaricare i guadagni persi altrove. Un esempio?

Interessante fu l’abolizione dei costi fissi di ricarica per i telefoni cellulari, ma poco si disse e nulla si fece contro i rincari tariffari che le Compagnie fecero seguire immediatamente. Gli utenti risparmiarono da un lato e spesero di più dall’altro. Senza citare poi tutto il papocchio scaturito con l’Authority, con questo provvedimento che legiferò su materia di competenza proprio dell’Authority (che stava per intervenire in merito) e che valse un intervento della Ue che si lamentò del comportamento di Bersani.

Altro cavallo di battaglia fu la liberalizzazioni delle Rca Auto, che ad oggi non hanno dato risparmi sensibili. Il concetto era: si può sfruttare la classe di merito migliore di un membro della propria famiglia per pagare meno le assicurazioni auto. Anche qui è un guadagno a metà, perché le Compagnie ormai discriminano fra una classe di merito propria, e una guadagnata da un altro membro della famiglia.
Ci sono poi anche le liberalizzazioni dei taxi rimaste lettera morta, tanto che furono oggetto di altri tentativi di apertura (anch’essi infruttuosi) messi in piedi dai governi successivi.

Insomma, al di la dell’evoluzione che ebbero poi queste sue proposte, il concetto di base era buono. Così come lo era quello di creare, da segretario, un Pd che facesse squadra. Ma anche li commise quegli errori “di controllo” e, come accade spesso nelle squadre di calcio, si formò un gruppo di veterani che pensarono bene di avere il diritto e il potere di dettare la linea a tutti, giovani compresi. L’idea di base del confronto e della squadra andarono quindi in soffitta, rispolverati a parole solo nelle dichiarazioni pubbliche, giusto per ribadire la propria democraticità.

Si è così passati attraverso una campagna elettorale fatta di rincorsa, quasi in affanno verso gli avversari, culminata in una non vittoria che non è servita a nessuno. Il resto è storia recente: le sciagurate scelte per l’elezione del Presidente della Repubblica, le dimissioni da segretario, il passo indietro che tutti si sarebbero aspettati. E invece no: gira per le Feste Democratiche a pontificare e a dare suggerimenti su come dovrà essere il Partito Democratico. Un po’ come se Stramaccioni desse consigli e suggerimenti a Mazzarri su come allenare e gestire l’Inter. Ora, con tutto il rispetto per entrambi: se eravate così capaci, perché sotto di voi questo partito e questa squadra hanno fatto così pena?

Detta anche l’agenda: “Fissare a settembre la data dell’assemblea che convocherà il congresso Pd. L’assemblea discuterà anche delle regole. Quando sono in gioco le grandi questioni, il Pd sa parlare con una voce sola”. Non per rivangare un recente passato, tra l’altro citato poco sopra, ma anche l’elezione del Presidente della Repubblica è una grande questione, il dialogo interno, partendo proprio dalla dirigenza, è stato praticamente nullo, e la sola voce non si è mai sentita. Ci si risparmi queste dichiarazioni infarcite di luoghi comuni e completamente sradicate dalla realtà.

Senza contare poi i successivi movimenti tattici volti a puntellare il governo in carica, spingendo Enrico Letta al ruolo di segretario/candidato premier per il Pd. Spinta giustificata con la scusa che, essendo Letta leader di questo governo, è quindi già lui stesso il candidato premier naturale del partito. Bersani dice: a che pro incoronare un nuovo candidato premier quando un premier già lo abbiamo? Il tutto si innesta nella diatriba fra chi chiede che resti la convergenza fra il ruolo di segretario di partito e di candidato primo ministro, e chi (come Bersani) vorrebbe invece dividere questi due ruoli.
Vi immaginate, non so, la Thatcher premier e non leader dei conservatori? Basti ricordare che quando fu messa in minoranza nel partito, fu portata alle dimissioni dal governo. O ancora, vi immaginate Blair premier ma non leader dei laburisti? O la Merkel cancelliere ma non al comando della CDU? Tutti sono o sono stati leader del proprio schieramento politico, tutti dettavano la linea del partito che si riverberava poi nel governo.
Qui invece vogliono andare controcorrente: sono semplicemente fantastici.

Ormai, quando penso a Bersani mi ritornano in mente queste parole di Andrea Scanzi, scritte in questo articolo apparso su Il Fatto Quotidiano:
“L’Ameno Pierluigi Bersani rappresenta al meglio il peggio del leaderismo politico: l’uomo privo di carisma, supponente dietro la scorza del sempliciotto che si finge umile, politicamente miope e retoricamente esangue. In grado di sbagliare sempre, fingendo ogni volta di dimenticarsi di avere sbagliato. Un Luis Silvio Danuello che si crede, chissà perché, Marco Van Basten.”

Ma c’è ancora chi lo accoglie alle Feste cantando “Un segretario! C’è solo un segretario!”, in un eccesso di autolesionismo politico di una parte della base che sembra completamente impermeabile ad ogni evoluzione.
E il pensiero corre al sogno della “Buona Compagnia del Pd” ben espresso da Francesco Nicodemo nel suo blog su L’Espresso, ormai unica via per raccogliere quanto di buono resta in un Partito Democratico ostaggio di se stesso, vittima di una classe politica incapace e inconcludente.

Concludo con un’altra battuta di Bersani. Cito da un vecchio post: “…Siam tutti qui da vent’anni, è ora di toglierci dai coglioni…” (Conferenza stampa sui risultati delle primarie a Palermo, 3 marzo 2012).
Caro Pierluigi, prego: gentilmente, inizi pure ad avviarsi.



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